Di Graziano Ceddia, Ricercatore, Centre for Development and Environment Università di Berna
Nella prima parte di questo articolo, si è discusso di tutta una serie di dinamiche preoccupanti, dal punto di vista ambientale e sociale, che riguardano i sistemi alimentari (SA). Tali dinamiche non discendono da una legge naturale, ma derivano direttamente dalla configurazione economica attuale, cioè capitalistica, dei SA. I SA possono essere considerati come sistemi socio-ecologici complessi. La complessità deriva dal fatto che i diversi processi all’interno di un sistema interagiscono in modo da auto-rinforzarsi a vicenda. Poiché tutti gli elementi della configurazione capitalistica dei SA si sostengono reciprocamente, la loro trasformazione è difficile ed è possibile solo agendo contemporaneamente su tutti gli elementi dei SA. Gli interventi parziali che pongono l’accento su singoli elementi saranno “abortiti” o cooptati dalla configurazione esistente, attraverso le interazioni con gli altri elementi. Ad esempio, gli appelli all’impiego diffuso di nuove tecnologie, tra cui le biotecnologie agricole, per affrontare le crisi sistemiche dei SA, pur essendo apparentemente trasformativi sui processi tecnico-produttivi, lasciano inalterate le relazioni di potere, assoggettando la produzione alimentare agli interessi delle grandi corporazioni. In maniera analoga, le posizioni ecomoderniste, anch’esse basate sull’uso appropriato delle biotecnologie nel settore agricolo ed alimentare, in una forma che però consenta la giusta condivisione dei benefici attraverso l’open sourcing, appaiono quantomeno ingenue. Come questo open-sourcing possa avvenire rimane un mistero, dato che anche se “gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno […] in circostanze da essi stessi prescelte” (K. Marx, Il diciotto Brumaio, 1869). Le biotecnologie agricole sono oggi nelle mani di gigantesche società private e il loro impiego non può che riprodurre la configurazione di potere esistente, a danno quindi dell’interesse pubblico. Una critica simile può essere mossa ad altri approcci unilaterali. Per esempio, gli interventi istituzionali volti a creare forme di “governance policentrica” all’interno dei SA, pur promuovendo la diffusione del potere all’interno dei SA, per migliorarne la resilienza agli shock esogeni, distolgono l’attenzione dalla necessità di introdurre una radicale democratizzazione delle relazioni materiali ed economiche. La governance policentrica rimane un intervento parziale, perché non riesce a mettere in discussione il potere del capitale sul lavoro e la subordinazione della soddisfazione dei bisogni umani all’accumulazione del profitto.
L’attuale configurazione capitalistica è resistente al cambiamento, ma allo stesso tempo è piena di contraddizioni. Per questo motivo, la trasformazione dei SA è possibile. Una contraddizione cruciale riguarda il fatto che l’accumulazione di capitale deteriora sempre più le condizioni umane e ambientali su larga scala, generando così resistenze. Nel Sud del mondo si assiste all’emergere di movimenti contadini incentrati sui diritti alla terra e al cibo, come quelli articolati da La Via Campesina e dalla dichiarazione di Nyeleni sulla sovranità alimentare. Nel Nord del mondo, l’agricoltura sostenuta dalle comunità e le cooperative alimentari di consumatori organizzati, tra le molte altre iniziative, lavorano per superare la configurazione capitalistica dei SA. Queste contraddizioni rappresentano le condizioni storiche da cui può scaturire una vera trasformazione. In sintesi, una vera trasformazione richiede di superare l’attuale configurazione capitalistica dei SA e di crearne al suo posto una nuova, partendo dalle contraddizioni esistenti, e che si basi sul ruolo del “pubblico”.
Un’alternativa in tal senso può essere l’agroecologia, purché essa non venga ridotta semplicemente ad un insieme di tecniche che mirano ad attivare determinati processi ecologici all’interno degli agroecosistemi. Eliminando le dimensioni culturali, istituzionali e politiche dell’agroecologia, la sua capacità di trasformare i SA viene fortemente compromessa, per le ragioni precedentemente descritte. Dal punto di vista tecnico e produttivo, l’agroecologia propone l’adozione di metodi “pubblici” di coltivazione, spesso sviluppati da comunità di contadini o basati su conoscenze ancestrali, che lavorano con la natura riducendo al minimo l’uso di input esterni. Tuttavia, l’adozione di metodi agroecologici libera anche gli agricoltori dalla dipendenza da tecnologie proprietarie (ad esempio sementi certificate o pesticidi), agendo così sulla dimensione sociale. In questo senso, l’agroecologia promuove esplicitamente configurazioni democratiche ed il trasferimento orizzontale di conoscenze. È quindi molto diversa dalla trasmissione non democratica delle tecnologie sviluppate dai moderni complessi agricoli industriali o da regimi statali centralizzati, e per questo motivo offre l’opportunità di de-colonizzare la conoscenza e dare potere alle comunità locali. Il movimento “campesino-a-campesino” in America Latina ne è un esempio calzante. Promuovendo il ruolo delle donne, in particolare per quanto riguarda la questione della proprietà della terra, l’agroecologia attacca direttamente la divisione sociale del lavoro basata sul genere, promuove l’emancipazione femminile e, in tal modo, trasforma i processi di riproduzione sociale. Ma non è tutto. L’agroecologia agisce anche sui processi culturali e istituzionali, promuovendo un’ampia gamma di pratiche, che vanno dal diritto di accesso alla terra e alle risorse idriche, come nel caso dei contadini senza terra brasiliani, alla produzione di conoscenze, a nuove forme di scambio economico basate sulla solidarietà piuttosto che sul profitto.
Concludiamo osservando che la trasformazione delle SA, al di fuori della loro attuale configurazione capitalistica, potrebbe svolgere un ruolo cruciale anche nella trasformazione dell’intera società. Garantire il soddisfacimento in modo equo dei bisogni fondamentali legati alla produzione, alla disponibilità e al consumo di cibo nutriente rappresenta un passo enorme nel passaggio da uno stato di necessità a uno stato di libertà.
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