Di Andrea Morrison
Il mondo della ricerca scientifica e tecnologica è a corto di idee, od almeno di quelle importanti, quelle che permettono alle economie che le possiedono di accrescere il benessere dei propri cittadini e che sono la fonte principale di una crescita economica duratura1.
Per questo l’attrazione dei talenti è diventata una ossessione tanto per le imprese, in particolare per quelle che operano nei settori più tecnologicamente avanzati, quanto per i governi, da quelli nazionali, fino a quelli locali, come le grandi metropoli che quei talenti ospiteranno2. Ma perché c’è scarsità di talenti?
Tradizionalmente, la formazione si svolgeva tutta o quasi all’interno di ciascun paese. Ma oggi più che mai i talenti si possono ‘importare’, attraendoli da quei paesi che ne hanno in abbondanza (economie emergenti) od che non offrono opportunità di lavoro gratificanti e remunerative (economie in via di sviluppo) , verso i paesi che ne hanno disperato bisogno e non riescono a formarne abbastanza (principalmente economie avanzate).
La prima opzione (crearli), oltre ad essere costosa, in realtà è diventata poco praticabile in molti paesi per almeno due ordini di ragioni. Da una parte l’invecchiamento della popolazione ed il calo demografico hanno semplicemente ridotto l’offerta di potenziali lavoratori qualificati. Dall’altra, la crescente complessità dei processi innovativi, ed il ritmo accelerato del cambiamento tecnologico, hanno aumentano la domanda di lavoro qualificato, di cervelli che sappiamo fornire competenze in specifiche discipline e campi del sapere scientifico e tecnologico. Quasi nessun paese, per grande ed avanzato che sia, ha la capacità di eccellere in tutto, di produrre internamente tutte le idee e le competenze necessarie a mantenere alto il ritmo di crescita e avanzamento scientifico e tecnologico. La crescente richiesta di talenti, e la sua scarsità a livello locale, sono due forze opposte che in molti paesi dell’occidente avanzato, Italia inclusa, non trovano una risposta adeguata, spesso per il cortocircuito politico in tema di immigrazione.
Quindi anche la seconda opzione (importarli) si sta rivelando difficile. Le politiche migratorie restrittive messe in atto principalmente nelle economie avanzate producono effetti potenzialmente negativi sulla capacità di attrarre talenti, ed in ultima analisi sul potenziale innovativo e di crescita economica tanto nel breve quanto nel lungo periodo. Le restrizioni, a seconda della forma legale in cui si manifestano, in primo luogo riducono i flussi migratori, e quindi la numerosità dei lavoratori qualificati che possono essere attratti. Ma oltre al mero numero di lavoratori qualificati che si possono attrarre, queste politiche hanno anche effetti negativi indiretti. I paesi che adottano politiche restrittive, specie quando spinte da ondate di intolleranza e che discriminano particolari gruppi etnici o paesi di origine dei migranti, hanno l’effetto di scoraggiare anche altri migranti, che percepiscono questi paesi come ostili. Un esempio per tutti di queste dinamiche è quanto si produsse durante la presidenza Trump negli Stati Uniti. In quel caso le restrizioni imposte ai migranti provenienti da alcuni paesi arabi, ebbero l’effetto di spingere molti lavoratori qualificati, di qualsiasi origine, verso il vicino Canada, percepito come luogo più ospitale ed accogliente3.
Gli effetti inattesi (ed indesiderati) si producono anche quando le politiche restrittive sono rivolte ai cosiddetti immigrati irregolari e a basse qualifiche. E’ difficile immaginare che respingendo chi cerca di arrivare in Europa su dei barconi o chi attraversa il deserto in Messico per passare la frontiera con gli Stati Uniti si colpisca il potenziale innovativo di questi paesi. Eppure recenti studi, che hanno esaminato eventi migratori passati, suggeriscono che proprio questo potrebbe verificarsi. Ad esempio, le politiche restrittive introdotte negli Stati Uniti d’America negli anni venti del secolo scorso, che avevano lo scopo di limitare l’accesso dei migranti dal sud Europa, spesso poveri e poco qualificati, si tradussero anche in un calo significativo nell’arrivo di scienziati dall’estero ed una riduzione dell’attività inventiva negli Stati Uniti4. Effetti come quelli appena descritti producono perdite nette di benessere non solo per i paesi riceventi, ma per il mondo nel suo complesso, in quanto generano quelli che la letteratura scientifica chiama ‘lost Einstein’ o ‘lost Marie Skłodowska Curie’, talenti ‘in potenza’ che politiche miopi non vedono e non riconoscono. Queste politiche, oltre ad essere disumane, sono paradossalmente controproducenti per gli stessi paesi che le adottano.
Foto di Ernesto Eslava da Pixabay
1 Park, M., Leahey, E. & Funk, R.J. Papers and patents are becoming less disruptive over time. Nature 613, 138–144 (2023). https://doi-org.proxy.library.uu.nl/10.1038/s41586-022-05543-x
2 https://www.bruegel.org/policy-brief/global-race-talent-europes-migration-challenge https://www.icmpd.org/blog/2023/same-but-different-strategies-in-the-global-race-for-talent World Bank (2018) Moving for Prosperity https://doi.org/10.1596/978-1-4648-1281-1_ch5
3 Trump’s Travel Ban, Aimed at Terrorists, Has Blocked Doctors https://www.nytimes.com/2017/02/06/health/trump-travel-ban-doctors.html?smid=url-share
4 Moser, P., & San, S. (2020). Immigration, science, and invention. Lessons from the Quota Acts. Lessons from the Quota Acts (March 21, 2020); Doran, K., & Yoon, C. (2018). Immigration and invention: Evidence from the quota acts. Unpublished manuscript, https://www3. nd. edu/kdoran/Doran_Quotas. pdf.